2012, 124 p., ill., brossura
ISBN 9788890594151
Prezzo di copertina Euro 25,00
Edizioni Stilus
tel. 0422.345332
La memoria storica delle antichissime origini della chiesa di Sant’Alberto di Zero Branco si perde già nei primi secoli del Medioevo. Il documento che ne testimonia la prima volta l’esistenza risale appena al 1297. Si tratta delle Rationes Decimarum Italiae dell’Archivio Vaticano, dove figura elencata con tutte le chiese, monasteri e ospedali che versarono una contribuzione straordinaria per ordine di papa Bonifacio VIII a sostegno del re di Napoli Carlo II d’Angiò nella guerra del Vespro contro gli Aragonesi. Sant’Alberto vi è registrata quale cappella dipendente dalla pieve, o meglio dalla chiesa matrice, di Santa Maria di Zero, insieme alle cappelle di San Martino di Sambughè e San Martino di Rio. Per quanto riguarda la pieve di Zero Branco si sa che esisteva già dal secolo precedente, visto che era stata nominata in una bolla papale del 1152 tra i possessi del vescovo di Treviso comprendendo le sue «pertinenze». Però, non è dato sapere se tra quest’ultime figurasse già la cappella di Sant’Alberto, cosicché rimane al momento senza risposta l’ipotesi di una sua fondazione anteriormente al XIII secolo. Sono alcune carte d’archivio trecentesche e, in particolare, gli atti del notaio prete Pietro da Zelo, spesso redatti sotto il portico della stessa chiesa di Sant’Alberto di cui fu rettore, a rendere noto che essa era allora il fulcro religioso di due villaggi: Sant’Alberto e il più popoloso Cornoledo o Cornolé, altrimenti detto anche Cornoleto, toponimo derivato probabilmente dalla significativa presenza di alberi di corniolo. Quest’ultima indicazione geografica era usata di preferenza nei documenti più antichi per indicare la posizione della chiesa: «Capella Sancti Alberti de Cornoledo», anche se non mancava di essere nominata come «Ecclesia Sancti Alberti de Sancto Alberto », come entrerà più comunemente in uso nel corso dei secoli.